Avete mai letto il libro ‘Perché dormiamo?’ di Matthew Walker? Ve lo consiglio vivamente.
Matthew Paul Walker è uno scienziato inglese e professore di neuroscienze e psicologia all'Università della California, Berkeley. La sua ricerca si concentra sull'impatto del sonno sulla salute umana e sulle malattie. Gli spunti di riflessione e le informazioni che il libro fornisce sono davvero tanti, e molte persone si troveranno a riflettere su alcune loro abitudini collegando ad esse determinati effetti.
I disturbi del sonno sono sempre più diffusi tanto che oltre 9 milioni di italiani soffrono di insonnia cronica e oltre il 45% della popolazione soffre di insonnia acuta o transitoria. Secondo un sondaggio dell’Eurodap, Associazione Europea Disturbi da Attacchi di Panico, sette italiani su dieci manifestano disturbi del sonno, quattro su dieci hanno difficoltà ad addormentarsi. Tre su dieci hanno diversi risvegli durante la notte e due su dieci si svegliano sempre molto prima dell’ora stabilita.
Questi numeri vengono trovano conferma anche nel consumo di sonniferi: secondo una ricerca del CNR circa il 10% degli italiani, ovvero circa quattro milioni di persone, dichiara di usare o di aver fatto uso di sonniferi.
Ormai siamo tutti fruitori esperti delle nuove tecnologie, per questo motivo siamo anche più soggetti ai disturbi del sonno dovuti all’uso eccessivo di computer, smartphone e tablet.
Un’indagine commissionata da Philips nel 2018, ha analizzato il rapporto tra l'utilizzo della tecnologia e qualità del sonno e ha rivelato come queste abitudini digitali possono rivelarsi dannose e che favoriscono l'insorgere di disturbi del sonno. Il 94% degli intervistati dichiara di non avere un sonno continuo e ha frequenti risvegli notturni. Il 18% degli italiani, inoltre, afferma che a volte vengono svegliati perché disturbati dai suoni emessi dal cellulare quando ricevono una notifica. In più, 1 italiano su 4 ha dichiarato che controlla il telefono quando si sveglia durante la notte. Secondo una ricerca del British Medical Journal su un campione di 9846 adolescenti, pubblicata nel 2015, rimanere almeno quattro ore davanti allo schermo di un computer o di uno smartphone aumenta del 49% il rischio di impiegare oltre un’ora per addormentarsi. Allo stesso modo l’uso di più piattaforme aumenta esponenzialmente il tempo in cui il cervello ci mette ad addormentarsi. Chi usa quattro o più dispositivi ha il 26% di possibilità in più di impiegare più di sessanta minuti per prendere sonno, rispetto a chi ne usa uno solo. Inoltre nel 75% dei casi dorme solo cinque ore a notte, un dato confermato – quello delle cinque ore – dal 50% di coloro che utilizzano due dispositivi prima di mettersi a letto. Per quanto riguarda un disturbo come l’insonnia, che è causato da una serie di fattori a volte difficili da mappare, è evidente che influisce lo stile di vita frenetico a cui ci sottoponiamo.
La privazione cronica di sonno può essere devastante e si rischia di andare incontro a tantissime patologie, a ridotte prestazioni fisiche e mentali oltre che a stress cronico e burnout.
Ognuno di noi deve accordarsi al ritmo univoco della società in cui vive. Forse è per questo che tendiamo a minimizzare l’insonnia: perché ci sembra una nevrosi di massa, un disturbo con cui tutti convivono. Eppure il nostro corpo ci invia dei segnali, non basta prendere una pastiglia o spegnere la luce per riposarsi, dobbiamo ripensare i nostri ritmi di vita, sia individuali che collettivi. Altrimenti ci ritroveremo ogni notte con il viso incorniciato dalla luce blu del telefono, a scorrere la nostra bacheca, aprire un articolo come questo, e arrivare in fondo nella speranza di trovare una soluzione che non può che venire da noi stessi e da un cambiamento radicale delle nostre abitudini.
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